La "buona" scuola tra formazione e informazione

"Non posso insegnare niente a nessuno, solo cercare di farli riflettere", Socrate


Nel IV sec. a.C. Platone, nel Teeteto, introdusse per la prima volta il concetto di maiuetica socratica, omaggiando così il suo maestro.

Con il termine di maieutica (in greco "ostetricia") si intende riferirsi alla visione elaborata da Socrate, grande pensatore ateniese, "che si dichiarava egli stesso simile all'ostetrico, in quanto non presumeva di inculcare agli altri la verità, ma voleva piuttosto aiutare gli altri a ritrovarla in sé stessi e a trarla fuori dalla propria anima" (Enciclopedia Treccani).

Sostenendo di "sapere di non sapere", Socrate poneva domande ai suoi discepoli i quali erano stimolati a trovare da soli la risposta più giusta.

Allontanandosi dalla visione cattedratica e nozionistica, il filosofo pose le basi a un importante concetto che verrà poi ripreso dalla pedagogia moderna: compito di ogni insegnante dovrebbe essere quello di aiutare i propri studenti a utilizzare sempre di più le proprie risorse e a incrementarle, a conoscere le strategie che consentano l'attivazione delle varie potenzialità.
In breve, "imparare a imparare".

L'insieme di queste abilità ci riporta al concetto di metacognizione, termine che indica la consapevolezza delle proprie capacità, affettive, cognitive ed emotive.

In questo senso, risulta facile capire il fallimento di molti percorsi didattici: nessuna difficoltà potrà essere realmente superata se il bambino non viene stimolato ad autocorreggersi, a diventare consapevole dei propri errori. E' indispensabile coinvolgerlo ed aiutarlo ad attivare le strategie metacognitive di controllo dei propri processi mentali; in assenza di questa consapevolezza, si rischia di favorire la memorizzazione delle informazioni, promuovendo un apprendimento meccanico sterile. E' invece importante aiutare i bambini a riflettere, a mettere in ordine le informazioni attraverso la creazione di network mentali, promuovendo lo sviluppo dell'intelligenza.

In questo senso, si può affermare che la metacognizione è uno strumento di apprendimento, e che, di conseguenza, un deficit metacognitivo può inficiare lo sviluppo didattico.

Secondo le più recenti ricerche psicopedagogiche, affinché un apprendimento sia efficace e significativo, è indispensabile aiutare i bambini ad organizzare i contenuti in schemi, a organizzare le nuove informazioni integrandole con quelle che già possiede: l'apprendimento diventa così un un processo dinamico, che richiede una continua revisione e il coinvolgimento di numerose strategie cognitive (inferenza, associazione, classificazione) e metacognitive (pianificazione, autovalutazione, problem solving). Organizzare le parole attraverso campi semantici, manipolare concetti e pensieri, anticipare eventi e formulare ipotesi sono tutte attività rilevanti in tal senso.

E' importante creare percorsi di ampio respiro, che permettano ai bambini di controllare con autonomia i propri progressi e le proprie difficoltà, andando oltre al semplice addestramento; "un apprendimento non significativo, fugace e demotivante, determina conoscenze e competenze frammentate, rigide" (Ferraboschi e Meini; 2002).

Qualcuno ce l'aveva consigliato già secoli fa.

Cecilia Brogi


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