Quando andavo a scuola io... queste cose mica c'erano
Ragazzini che si trovano ad aver bisogno della logopedista, mestiere da sempre confinato entro il limite della correzione della "erre moscia".
Genitori che stentano a capire come questa figura possa quindi aiutare i loro figli a leggere, scrivere, studiare.
Nostro obiettivo non è tanto indagare l'origine di questi disturbi o le motivazioni dell'elevato numero di diagnosi, piuttosto cercare di capire come aiutare i bambini. In questo senso, è fondamentale il ruolo della scuola.
Molto spesso, purtroppo, mi è capitato di incontrare insegnanti attente e premurose, ma poco e/o male informate su quello che si può fare, su ciò che si deve fare, e su come questo possa essere fatto.
I genitori, travolti dalla valanga di parole spesso incomprensibili, da un iter diagnostico lungo e articolato, sono confusi e spesso spaventati. Memoria a breve termine, indagine anamnestica, reattivo mentale, disfunzione esecutiva: sono termini che devono essere spiegati nella delicata fase di valutazione.
"Eppure non ha mai avuto problemi...il pediatra non ha mai notato nulla".
Confusione, paura, diffidenza: sono queste le emozioni che si leggono negli occhi dei genitori e dei loro figli la prima volta che arrivano in studio. E' essenziale spiegare serenamente al bambino che mamma e papà lo hanno portato lì per aiutarlo a superare alcune difficoltà.
Nel corso degli anni ho capito l'importanza di andare oltre ai sintomi, oltre alla diagnosi, accogliendo i ragazzini in tutta la loro complessità, ascoltando i loro sogni, le loro paure, cercando, spesso, di aiutarli a riconoscere e verbalizzare le loro emozioni. Ragazzini che reagiscono piangendo davanti a un brutto voto, sentendosi per questo inadeguati, non accettando i propri limiti, nel confronto con i genitori. D'altra parte, quando mamma e papà andavano a scuola, queste cose non c'erano. Dicono.
Questa è la storia di G., ma anche quella di M. E di A. E di C.
Decine di storie, molto diverse fra sé, ma con lo stesso denominatore comune: la fatica ad accettare una diagnosi e le sue conseguenze. Compito del logopedista è quello di accompagnare la famiglia nel mondo della dislessia, di dare al bambino gli strumenti per affrontare serenamente la scuola, insegnandogli ad usarli.
Ma, soprattutto, cercare di far uscire i genitori dalla trappola del "quando andavo io a scuola".
Il confronto, sbattuto in faccia ai figli, può essere molto pericoloso.
Cecilia Brogi